Quando ero piccola ho fatto fuoco e fiamme per andare all’asilo.
E i miei mi hanno accontentata.
Ma l’asilo non è tutto rose e fiori, è il primo approccio
sociale al di fuori della famiglia.
E, per quanto bello, devi sopravvivere.
Io sono la seconda di tre figli. Ho due fratelli. Maschi.
In passato la maggioranza vinceva per cui i giochi che
entravano in casa erano prettamente da maschio. Due accontentati e la terza si
accontentava.
Il budget era risicato e nessuno si faceva problemi.
Questo valeva anche per i costumi di carnevale.
Ai tempi non si partiva per andare alla Disney a comprare il
vestito figo della principessa in auge.
E così l’ultimo anno di asilo a carnevale mia mamma mi aveva
vestita da cow boy.
Costume che io adoravo. Non avevo una, ma ben due pistole e
mi sentivo proprio figa.
Arrivo all’asilo e vedo lei, SimonETTA.
Quella sempr eperfettina. Quella sempre saputella. Quella “femminile”.
Quella che voleva sempre giocare con i maschi e che i maschi scansavano.
Vestita da spagnola, tutta pizzi neri e raso rosso fuoco. Lei
e il suo ventaglio, il neo disegnato con la matita (insomma, anche un po’
zoccola se vogliamo, ma a i tempi non avevo la malizia).
E tutte le bambine intorno che la veneravano come una regina.
Vestite da principesse e fatine.
E io non avevo problemi.
Io giocavo con i maschi.
Ed ero il capo della banda.
Echemmifregamme.
Ma lei no, forse il problema lo aveva lei perché ha
cominciato a prendermi in giro.
Ma io niente.
E ha continuato.
E io niente.
Dopo il pisolino siamo scesi in cortile e fortuna vuole che
abbia trovato un quadrifoglio.
Immediatamente tutti sono corsi nella mia direzione per
vedere il favoloso ritrovamento.
Anche le grupies di SimonETTA.
Lei arriva e con fare altezzoso mi prende il mio tesoro
appena repertato.
Mi guarda e mi dice: “Se vuoi che porti fortuna devi
strapparlo”.
E lo strappa.
Lo strappa.
Lo strappa.
E io non ci vedo più.
E le salto addosso. La ribalto nelle ortiche, mi ci siedo
sopra e comincio a prenderla a schiaffoni a due mani.
Dio che furia.
Adesso sarei finita dagli assistenti sociali come bambina
violenta e disadattata. Nei primi anni 80 era la norma…
E comunque la maestra Marilena (quanto adoravo la maestra
Marilena), mi ha presa per le ascelle e mi ha sollevata, mentre io davo ancora
sberle nel vuoto.
La saggia maestra, che conosceva i due elementi, ha punito
entrambe.
E niente, da allora i nomi che finicono in ETTA proprio non
mi vanno giù.
Cioè, se ti chiamni con qualsiasi nome puoi starmi simpatica
da subito. Se hai un nome che finisci in etta già ci devi mettere un po’ più di
tempo, devi dimostrare quel qualche cosa in più.
Perché per me, in quel caso nomen omen.
Così la penso per il mio cognome.
Che deriva da una parola latina che vuol dire “attività,
attivo, lavoratore”.
Cioè, se in passato i miei antenati erano stati bollati con
questo appellativo, non erano proprio degli scansafatiche.
Mio padre e mia madre hanno l o stesso cognome perché è molto
diffuso nella zona in cui vivo.
Se io sono iperattiva…è perché la genetica non perdona.
E quindi… cogn-omen cog-nomen….!
Aahhaah anche i miei hanno lo stesso cognome!!
RispondiEliminaAnche io costumi molto maschili, e mi piacevano un sacco proprio perché ereditati dai maschietti del palazzo o da cugina che a sua volta lo aveva ereditato da suo fratello!!
Pero' sono stata anche una parigina dell' '800!!
Ne parlavamo qualche giorno fa col Tato sua mamma in un momento di sclero dopo che lui aveva rovesciato e sbatacchiato il domino rally gli ha spaccato uno zoccolo in testa e gli hanno dovuto dare i punti...Oggi sarebbe in mano agli assistenti sociali!
Fiu.. fortuna che mi chiamo Sara (e nessuno ha mai provato a darmi della Saretta visto che sono piuttosto maschiaccia nei modi)
RispondiEliminaahhhhhh io odiavo la figlia della mia maestra d'asilo che un giorno si è permessa di strapparmi la pagina ahhhh si chiama barbara odio le barbera cmq dopo qualche anno la incontrai in un assicurazione e mi son vendicata facendo la saccente!!!!!!!!
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